di Giacomo Inches
Martedì 26 Aprile: un sole morbido filtra tra le molte finestre del quinto piano di 425 Broadway. A New York è l’indirizzo del Project Store di Impossible.

La città impazza di vita come sempre, rumori da Big Apple, mentre all’interno l’aria è immobile: si percepisce una certa attesa. Riconosco Kisha e Josie, che mi hanno rifornito di pellicole nelle settimane precedenti, e osservo altri membri della famiglia Impossible: sono tutti indaffarati a preparare qualcosa. Non siamo in molti, ma penso che è ancora presto e gli americani sono molto “easy”. Arriveranno. La porta dell’ascensore, un lento montacarichi che impiega minuti per salire solamente cinque piani, si apre lentamente. Anticipato dal tavolo del buffet, dalle pellicole speciali protette dal bancone di vetro, da un dvd che proietta la sua storia su un televisore, ecco che entra Maurizio Galimberti. Enrico, il fedele assistente, è immediatamente dietro. Aspetto che abbia salutato i padroni di casa, poi mi faccio avanti, lentamente.

Il suo sguardo non tradisce, mi ha riconosciuto (ci eravamo incontrati a Bologna in occasione di ArtefieraOff e della memorabile esposizione dei Polaroiders) e incredibilmente mi chiede anche di mia moglie. Tra una parola e l’altra si offre di firmare un paio di pacchetti PZ Special Maurizio Galimberti appena acquistati, cosa che farà spesso durante la serata, e mi racconta di alcuni scatti realizzati ill giorno precedente e che sono già esposti alle pareti. Adesso il grande open space è pieno. Maurizio mi fa notare la grande presenza di giovani ed è entusiasta di quello che si appresta a fare. Mi chiede un aiuto per qualche eventuale traduzione dall’inglese. Quando inizia a parlare, però, non è proprio necessario: cattura tutti con il suo stile semplice ma sfaccettato, come i suoi ritratti. Racconta di come nascono le sue opere, delle sue ispirazioni duchampiane e boccioniane, del suo ritmo veloce e irripetibile, come il coltello che fende la tela di un altro celebre artista italiano. I suoi ritratti nascono così: la sequenza meticolosa e veloce di unici scatti. Dalla parola all’azione: il primo ritratto.


Uno dei pochi italiani (arrivati per l’occasione o americani d’adozione) è il “committente” dell’opera. Le pellicole sono le “vecchie” Polaroid per la macchina Image, che Maurizio si è fatto prestare. L’ingranditore, inconfondibile, è il suo. Ne spiega brevemente il funzionamento, il colore bianco ideale per i ritratti, quello grigio per gli ingrandimenti di oggetti o altre immagini. Poi si parte per un’immersione di 5-10 minuti negli scatti. Il soggetto frontale al pubblico, Maurizio inizia la sua collaudata sequenza, al pari di una danza: alto, basso, prima il profilo sinistro, poi frontale. “Adesso girati ma non cambiare la posizione delle mani e del viso”. Poi ancora scatti, Dall’altro al basso, la parte destra. Il flash scandisce il tempo e il suono della Image il ritmo sincopato. Enrico preleva velocemente e ordinatamente gli scatti, per poi comporli alla fine. Davanti, dietro, ancora davanti. Nastro adesivo temporaneo, poi doppio. Mentre lui (ri)compone l’immagine, Maurizio risponde a qualche domanda. Dove acquistare l’ingranditore – dal giorno successivo da Impossible (altrimenti dai canali “tradizionali”, penso io), quando hai iniziato – un giorno che cercava un regalo per i suoi figli e si è imbattuto nel lancio di una Polaroid al centro commerciale, cosa ne pensi delle nuove pellicole Impossible. All’inizio (troppo) instabili ma adesso mature a sufficienza. E aggiunge che quell’instabilità, tuttavia, permetteva di sfruttare le imperfezione per generare una nuova interpretazione artistica del soggetto, un nuovo spunto creativo. La stabilita delle nuove pellicole, invece, permette di usare al meglio i contrasti a volte sfumati e che ben si sposano con alcuni progetti di Maurizio, tra cui il work-in-progress su Capri. Arriviamo così al secondo ritratto: per la prima volta con pellicole Impossible PZ600 Bianco e Nero, le stesse della Special Edition Maurizio Galimberti. Viene spiegato che, praticamente, ad ogni versione delle pellicole viene introdotto un piccolo miglioramento nella chimica, che permette di ottenere risultati sempre migliori. Al momento la Special Edition Maurizio Galimberti è la migliore (segue la PZ600 UV+). Tra gli scongiuri di Enrico si inizia. Scatto, subito comperto; scatto, subito coperto, uno sopra l’altro. La luce che è vita per l’immagina durante lo scatto, diventa la sua morte all’espulsione. Come per il rullino impressionato esposto alla luce. Il ritmo, però, è sempre lo stesso. Sopra-sotto, sinistra-destra. Poi il momemto dell’attesa, trepidante, delle prime immagini. “Ci sono, ci sono, ce l’abbiamo fatta!” Ecco che il soggetto si (ri)compone sul tavolo e per la prima volta con il morbido bianco e nero di Impossible.

Un po’ seppiato ai lati, quando l’ingranditore è più distande dal soggetto, più contrastato al cento, quando Maurizio si avvicina di più al viso e alle mani. L’effetto visuale finale è tanto imprevedibile quanto sorprendente. Il seppia intorno porta lo sguardo al centro e il bianco e nero di Impossible sembra nato per i ritratti di Maurizio (o è forse il contrario?). La soddisfazione è grande e la piccola folla cerca ancora Maurizio per un autografo, un commento, un consiglio. La serata è pienamente riuscita e quando saluto Maurizio, con un “arrivederci in Italia”, siamo ancora inebriati dai risultati della sua opera. La sera a casa non riesco a dormire, allora riordino le foto scattate (niente video purtroppo) e ripenso alla grande semplicità e disponibilità di Maurizio. E non vedo l’ora di tornare in Italia per mettere mano al mio ingranditore.
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Grazie a Giacomo Inches per averci fatto da inviato speciale a NY !
Trovate i suoi lavori su polaroiders, sul suo blog dedicato alla sua avventura americana www.inches.ch/40days e sul suo sito personale www.giacomo.inches.ch
ps.: Maurizio Galimberti sarà presenta alla Fnac di milano per presentare le Impossible special edition “kalimbaroid” il 9 giugno (info qui )
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