di Alan Marcheselli
Da oltre 20 anni, gennaio è per me il periodo di Artefiera Bologna. Ho ripreso il lavoro dopo la befana ed ero più che certo che quest’anno non ci sarei andato. Poi, a una settimana prima dell’evento, mi sono immancabilmente fatto prendere dallo scrupolo – “e se questo fosse l’anno bello, in cui finalmente vedrò qualcosa di interessante?”. Così, previo un minimo di organizzazione, si (ri)torna ad Artefiera.
Non ho in nessun modo la presunzione di essere né un esperto d’arte in generale né di fotografia ma, nel caso di quest’ultima, sono in grado di discernere le immagini dei principali autori contemporanei e quelle degli autori storici. Artefiera rappresenta per me il metro per giudicare la presenza e il valore della fotografia nel mondo artistico contemporaneo.
Quest’anno, per la prima volta – a parte il biglietto di ingresso – ho trovato Artefiera congrua al suo nome. Si nota che le gallerie stanno giocando in difesa, la proposta artistica sui giovani e sul nuovo è ridotta all’osso, così come la presenza di fotografie.
Sembra ufficiale: la fotografia è in questa fase considerata un’arte minore, un prodotto che non può competere con pitture, sculture o installazioni. Rimangono solo alcune assurde presenze e contraddizioni, immagini di un mondo che vive non sulla sostanza ma sulla forma di presentazione della stessa.
Simpatica l’idea di ghettizzare la fotografia in una zona dedicata e ridefinita “MIA“, perché ospita una selezione dei partecipanti alla fiera milanese. Temo che chi ha curato questo evento non si renda conto dell’informazione che passa ad un utente medio quando ciò che vede è, prima: “Benvenuto alla fiera dell’arte” e poi: “Arrivederci. Ora stai entrando nella fiera della fotografia“. (altro…)