Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘test’

di Alan Marcheselli

Premessa: questa non è una recensione sulla fotocamera, piuttosto un parere completamente soggettivo.

Definisco la mia passione per la fotografia istantanea una malattia, la cui cura è insita nella malattia stessa, ovvero scattare e sperimentare. Questo è lo spirito con cui ho acquistato la nuova Fuji Instax Mini 90 Neo Classic.

fuji

Devo dire che di primo acchitto la fotocamera è splendida, molto piu piccola delle precedenti instax mini e di sicuro appeal con la veste vintage che la fa assomigliare a una analogica anni 70 (ma è tutta plastica). Ora si può escludere il Flash, inserire la modalità anti occhi rossi, ma soprattutto sono state le funzioni per le doppie esposizioni e per la posa B che più mi hanno attirato.

Dovendo partire per un breve viaggio a Roma, ho messo in carica la batteria al litio e sono partito con 3 pacchi di pellicole.

Partenza da Reggio Mediopadana, la stazione ferroviaria opera del magnifico Calatrava è una cattedrale nel deserto e merita il primo film pack di immagini. Mi rendo immediatamente conto che il mirino è fuori sincrono con l’immagine ottenuta dallo scatto; in altezza si ottiene un buon 15 % in più di immagine del visibile, mentre in larghezza circa un 10% in meno; inoltre, eliminando il flash, la fotocamera tende a sovraesporre.

IM Mediopadana IM Mediopadana 02 IM Mediopadana 01

Avevo fatto alcune prove in studio con la funzione macro e credevo che il problema di incongruenza mirino-immagine fosse dovuto all’ingrandimento. Invece, non è altro che una condizione stabile della fotocamera.

Salito sul treno finalmente faccio le foto che avrei sempre voluto fare con la polaroid: incollo con del silicone semimorbido l’obiettivo al vetro del finestrino e scatto con il treno in movimento. Diversamente dalle stesse prove in digitale, l’otturatore è troppo lento e quindi rimane un effetto di micro mosso che non mi dà soddisfazione.

RE RM Italo

Arrivato a Roma a buio inoltrato mi incammino nel quartiere ebraico e con l’esposimetro del telefono cerco di calcolare i tempi di esposizione per scattare al buio con posa B. Pare che 4 secondi siano sufficienti per ricavare immagini interessanti in ambienti praticamente privi di lunosità, anche se data la dimenticanza del cavalletto devo appoggiarmi a muretti e ringhiere per scattare.

IM Roma Quartiere Ebraico IM Roma Giggetto

Rimane il fastidio per l’inconcepibile mancanza di gestione dell’inquadratura, ma ormai ho perso le speranze, così all’alba decido di fare un giro al Colosseo, le foto in contro luce mi danno grande soddisfazione, la silhouette del monumento e il cielo albeggiante rendono davvero bene nonostante i 3 gradi di temperatura di sviluppo.

IM ColosseoIM Roma 01

Mi incammino lungo la Casilina per i miei impegni di lavoro, scatto ancora alcune foto e vengono tutte sovraesposte … no, così non andiamo d’accordo, accidenti!

IM Roma Casilina

Nota di piacere: dopo 3 film pack l’autonomia della batteria non è nemmeno scalfita dall’uso, segno che la durata è veramente superiore alle necessità di un weekend intenso di scatti. Altra novità che avrei dovuto menzionare prima: la macchina espelle autonomamente il dark slide.

Per il resto non dico di essere deluso, ci sono tante cose belle e ludiche nelle 90 neoclassic, ma mi aspettavo un mezzo istantaneo più controllabile, invece è la solita macchinetta che ragiona per i fatti suoi.

Read Full Post »

di Carmen Palermo

 

 

Non sono mai stata “assolutista” in alcun campo e sono convinta che ogni strumento che ci possa aiutare a creare l’immagine, già pronta nella nostra testa, sia da sfruttare.

E’ un discorso articolato e delicato questo e che ha acceso un interessante dibattito sul nostro social network  e non vorrei essere fraintesa: alla base per me ci deve essere sempre “l’onestà intellettuale” (e anche qui potremmo aprire un dibattito su cosa sia e di come sia diverso per ognuno) , che per me è la libertà di attuare una serie di scelte per arrivare all’immagine, purchè queste siano in qualche maniera dichiarate o quantomeno non si cerchi di “spacciare” qualcosa per quello che non è.

Una, potrei dire, ormai “superata” polaDRoid non dovrebbe essere definita “polaroid”, un “autoritratto” quando c’è qualcun altro che decide inquadratura e momento del click per scattare una foto di noi che abbiamo deciso di diventare “soggetto di una foto” non dovrebbe chiamarsi “autoritratto”, una polaroid acquisita digitalmente e poi trattata con programmi di fotoritocco per modificare sostanzialmente la foto e non per raddrizzare la scansione e togliere i pelucchi dello scanner, dovrebbe chiamarsi “digitale”, un duplicato realizzato con uno dei tanti strumenti Polaroid  come duplicator, daylab, kalicopier, ecc non dovrebbe essere – passatemi il termine – “spacciato” per “originale, “unico” ecc. e questo vale anche per il nuovissimo iLab della Impossible.

Insomma c’è chi basa le sue scelte sull’emozione e la bellezza che già il solo scattare con una delle vecchie macchine Polaroid ci regala e chi invece pensa che quello che conta sia solo il risultato finale.

Io sono per entrambe: adoro le vecchie macchine Polaroid e amo tutto il momento di scelte da attuare a priori a seconda di quello che vorremmo ottenere – dalla scelta della macchina a quella sulle pellicole da usare in combinazione ad essa, che siano le ormai rarissime Polaroid scadute o le nuove Impossible nelle loro varie edizioni; amo il momento dello scatto, la difficoltà che a volte si possono incontrare a lavorare con questo mezzo e soprattutto l’emozione, quando comincia a rivelarsi l’immagine, che ti regala la consapevolezza che quella sarà unica e irripetibile; amo la grande possibilità di intervento creativo che si può attuare a posteriori sulle Impossible, ma amo anche la libertà di poter realizzare un’immagine miscelando vari media scegliendoli per il contributo specifico che ognuno di essi può dare al risultato finale.

 

Insomma dopo questo discorso pieno di parentesi e incisi come solo una prolissa come me può fare, arrivo al “dunque”.

 

Domenica scorsa ho scattato qualche foto alla fantastica Miele, generalmente prediligo scattare a luce ambiente (forse anche per mancanza di attrezzatura adeguata), ma quella domenica faceva troppo freddo per uscire all’aperto ed era troppo grigio per riuscire a scattare nel mio piccolo studio senza dover accendere la lampada ad incandescenza – neanche troppo potente – di cui sono munita.

Ho cominciato a scattare con la mia sx-70 e le nuove Impossible px680 – che ora han cambiato nome diventando “COLOR 600” ovviamente le foto, una volta sviluppate, avevano una fortissima dominante gialla che non rendeva giustizia al rosa dei capelli di Miele, così sono passata al bianco e nero più che per ovviare al problema per “fare di  necessità virtù” e solo a fine shooting mi sono ricordata di avere un iphone e l’ilab, scattando così 5/6 foto che ho stampato solo qualche giorno dopo.

Non so ancora dire quale sia il risultato che mi soddisfi maggiormente, forse entrambi sono lontani dall’idea iniziale che avevo nella mia testa e sicuramente alcune foto le preferisco scattate nella combinazione sx-70+px680, altre nella combinazione iphone+ilab+px680, ma credo sia interessante valutare entrambe le possibilità offerte a seconda del momento.

Scattare con la sx-70 è un’emozione unica, è l’intermediaria perfetta tra te e il soggetto e unisce la precisione alla morbidezza, ma la pellicole sono sensibili alla temperatuta della luce e la sx-70 non ha alcun software integrato che bilanci il bianco restituendo così una foto “coinvolgente” sì, ma in queste condizioni di luce – molto, troppo – gialla.

Scattare foto con l’iphone ad una modella della portata di Miele, invece, mi ha reso più impacciata, quasi imbarazzata, ho scattato in maniera fugace 5/6 foto già bilanciate dal software del telefono stesso e semplicemente, qualche giorno dopo, con calma, ho scelto quali foto “stampare” con l’ilab ottenendo foto con una gamma di colori sicuramente più ampia, ma per i miei gusti forse troppo “vividi” e con una vignettatura che si è manifestata in maniera più o meno marcata che non sempre avrei voluto: devo sicuramente fare qualche esperimento in più per sfruttarlo al meglio!

Ho già avuto modo di testare i primi iLab e ho annusato le possibilità creative che può dare se si lavora attentamente sulle combinazioni “input/output” da dare in pasto all’applicazione da scaricare sull’iphone e questo test mi ha fatto pensare a quanto ogni strumento che ci permette di produrre immagini è pur sempre uno strumento, che può essere usato in maniera “leggera” e  con un approccio “senza pretese” oppure in maniera più complessa dopo averlo studiato, testato e aver imparato a conoscere le sue risposte ai nostri input.

La stessa Polaroid, nelle sue pubblicità puntava molto su quanto fosse facile scattare una foto con le proprie fotocamere ed è vero ( le foto della mia infanzia scattate con una Polaroid 1000 ne sono una prova), così come è altrettanto vero che per ottenere la foto davvero ben fatta  con uno strumento tanto semplice  è necessario conoscerlo a fondo e perchè questa foto sia un capolavoro è necessario che ci sia una creatività di fondo che prescinde dal mezzo (vedi Andy Wharol, Galimberti, Araki e tanti altri che hanno utilizzato queste fotocamere producendo Arte ) e lo stesso vale per l’ilab: se da una parte permette di avere un accesso “semplice” alla fotografia a sviluppo immediato, dall’altra non è la “scorciatoia” per chi volesse produrre foto con velleità diverse da quelle di finire in un album dei ricordi e pensasse di poterlo fare senza metterci il proprio sforzo e la propria creatività.

 

 

Di seguito qualche foto realizzata con sx-70+px680 e iphone+ilab+px680.

La modella è, appunto, la bravissima e bellissima Miele che ringrazio nuovamente.

 

Immagine

Miele © 2013 Carmen Palermo
sx-70 + Px680

Scansione-30

Miele © 2013 Carmen Palermo
iphone+ilab+PX680

Immagine

Miele © 2013 Carmen Palermo
sx-70 + Px680

Scansione-38

Miele © 2013 Carmen Palermo
iphone+ilab+PX680

Immagine

Miele © 2013 Carmen Palermo
sx-70 + Px680

Immagine

Miele © 2013 Carmen Palermo
iphone+ilab+PX680

Read Full Post »

di Alan Marcheselli

ANNUNTIO VOBIS GAUDIUM MAGNUM: HABEMUS COLORE ( 8X10”)! Si lo ammetto, suona irriverente, ma sono davvero felice di parlarvi delle nuove pellicole 8X10”.

Diciamo che la scatola, una volta aperto il pacco di spedizione, mi ha lasciato alquanto stupito, infatti invece che trovarmi la classica e per altro comodissima scatolona nera Impossible ho trovato il pacco delle Polaroid 803, il primo pensiero è stato … “see magari !”.

All’interno un nuovo bugiardino, molto piu curato di quello che venne dato ai Pioneer in occasione dei test delle Silvershade, fiducioso accetto la proposta del bugiardino di tarare il mio esposimetro a 400 ISO che poi è in soldoni la vera natura delle PX680 da cui queste nuove pellicole 8×10, a mio avviso, hanno attinto negativo ed emulsione, anche se onestamente il mio calcolo personale è attestato a 480 ISO.

Preparazione sala posa, luci, modella e primo scatto, insensibile al suggerimento di attendere 40 minuti per vedere la prima immagine, dopo averlo lasciato nel cassetto della sviluppatrice per 5 minuti metto il primo scatto all’interno di un sacchetto di carta nero a cui ho praticato dei fori in un forno ventilato a 50°C e … magia: in soli 10 minuti ho il mio scatto bell’ e sviluppato, certo ha una forte dominanza rossa data dal calore, ma mi rendo già conto che la pellicola è fantastica e rispetta i 400 ISO dichiarati.

Lo scatto successivo lo lascio riposare per circa 1 ora e il risultato è molto più omogeneo del prededente, senza dominanti rosse, ma con il bianco del fondale che, nonostante i flash, tende al giallo.

Poi la pazza idea: recupero alcune piastre di ghisa ( tre per la precisione) e ne lascio una a temperatura ambiente, una la porto a 50°C e un’altra a -4°C; poi una volta realizzato il terzo scatto e averlo lasciato svluppare per circa 5 minuti lo metto a faccia in giù su un panno di feltro nero e gli sovrappongo la piastra in ghisa a temperatura ambiente, sulla prima piastra metto quella a 50°C e a fianco quella a – 4°C dvidendo così l’immagine in due porzioni tagliate da una diagonale.

Ho lasciato il tutto fermo per circa due ore e quando ho rimosso tutto il materiale l’immagine aveva sviluppato varianti rosse nella parte esposta al calore e blu in quella esposta al freddo estremo.

Capisco che a livello pratico questo gioco possa non essere interessante, ma mi permette di confermare che la pellicola sviluppa in forma neutra a circa 18/22°C, mentre tende al rosso/arancio alle alte temperature che però accelerano lo sviluppo e al blu con le basse temperature che, ovviamente, ne rallentano i tempi di sviluppo.

Poi, giusto per non farci mancare niente, il primo scatto è stato “liftato” su carta cotone: il distacco del positivo dal negativo è meglio farlo ad alcuni giorni di distanza dallo scatto ( 4 o 5 è l’ideale), il positivo rimane sporco di emulsione che va lavata via con una spugna morbida, acqua fredda e sapone liquido per piatti; se si è veloci e l’acqua è bella fredda se ne ricava anche una bellissima trasparenza, se invece non si elimina l’emulsione bianca il lift-off tenderà a strapparsi non appena essicato.

Concludo semplicemente dicendo che queste PQ Colorshade Pioneer sono davvero delle ottime pellicole da banco ottico, attendo ora con curiosità la versione definitiva.

Ecco gli scatti:

© Alan Marcheselli

© Alan Marcheselli

Wool fields 02

© Alan Marcheselli

Wool fields 03

© Alan Marcheselli

Read Full Post »

di Alan Marcheselli

Ci siamo!

E’  davvero con un piacere immenso che ci accingiamo a scrivere questo articolo:

The Impossible Project segna un ulteriore significativo passo verso la semplificazione della gestione pellicole.

La nuova generazione di film per fotocamere 600 e SX70 – nome non definitivo Opacification test – offerte ai Pioneer nel mese di Agosto non è più soggetta al bisogno di protezione immediata dalla luce infatti grazie all’aggiunta di un nuovo filtro chimico è ora possibile scattare in tutta tranquillità anche in pieno sole senza preoccuparsi di schermare la pellicola in uscita ma semplicemente  riponendola con tranquillità a sviluppare al buio ( tempo di sviluppo 20/30 minuti ).

Andiamo con ordine.

Le prime uscite sono state le PX 680, ancora non sono perfette, negli scatti di prova che abbiamo effettuato, si denota uno scarso sviluppo dei rossi e anche a distanza di 48 ore dallo scatto rimane una velatura rosata sui colori più chiari, ma mentre scriviamo questo articolo è arriva il corriere con le nuove PX 680 test film V4C dove questi peccati di gioventù dovrebbero essere completamente risolti ( a fine articolo un test veloce, il test più approfondito arriverà presto ).

Di seguito gli scatti con:

 

PX 680 OPACIFICATION Testfilm

 

Silenzi d’alpe 01 © ALan Marcheselli

Fotocamera: Polaroid 670 AF

Condizioni:  da Ombra a luce

Temperatura: 28 °

Flash: no

Correzione di esposizione: nessuna

Shielding: NO

 

Image

Silenzi d’Alpe #1 © Alan Marcheselli

 

Silenzi d’alpe 02 © ALan Marcheselli

Fotocamera: Polaroid 670 AF

Condizioni:  da Ombra a luce

Temperatura: 30 °

Flash: no

Correzione di esposizione: nessuna

Shielding: NO

 

Image

Silenzi d’Alpe #2 © Alan Marcheselli

 

Silenzi d’alpe 08 © ALan Marcheselli

Fotocamera: Polaroid 670 AF

Condizioni:  da Ombra a luce

Temperatura: 22 °

Flash: no

Correzione di esposizione: nessuna

Shielding: NO

 

Image

Silenzi d’Alpe #8 © Alan Marcheselli

 

Diverso invece il discorso per e PX70, nate perfette in ogni condizione di scatto e con una definizione colore / immagine impeccabile, senza guardare il logo sul retro si ha l’impressione di avere in mano una Time Zero originale.

 

PX 70 OPACIFICATION Testfilm

 

Nina 1 © Carmen Palermo

Fotocamera: Polaroid SX-70 sonar

Condizioni:  da Ombra a luce

Temperatura: 30°

Flash: no

Correzione di esposizione: nessuna

Shielding: NO

 

Image

Nina #1 © Carmen Palermo

 

Nina 2 © Carmen Palermo

Fotocamera: Polaroid SX-70 sonar

Condizioni:  da Ombra a ombra

Temperatura: 30°

Flash: no

Correzione di esposizione: nessuna

Shielding: NO

 

Image

Nina 02 © Carmen Palermo

 

Nina 3 © Carmen Palermo

Fotocamera: Polaroid SX-70 sonar

Condizioni:  da Ombra a luce

Temperatura: 30°

Flash: no

Correzione di esposizione: nessuna

Shielding: NO

 

Image

Nina #3 © Carmen Palermo

(Grazie a Nina Sever per  essersi prestata )

 

 

Infine un veloce test sulla resa delle nuove

PX 680 OPACIFICATION Testfilm – V4C

 

Fotocamera: Polaroid – Dine 4 con lente macro

Condizioni:  Ombra

Temperatura: 24°

Flash: Sì

Correzione di esposizione: nessuna

Shielding: NO

 

Image

© carmen palermo

Image

© carmen palermo

Image

© carmen palermo

 

Voi le avete provate?

Aspettiamo i vostri test su Polaroiders!

Read Full Post »